La Sharing Economy: Ovvero dalla Cambiale al Crowdfunding

di Armando Lunetta

Se negli anni sessanta, volevi acquistare qualcosa e dicevi:“ti firmo una cambiale”, tutti capivano di che stavi parlando. La cambiale, era la levatrice della società dei consumi. Se oggi proponi la stessa frase ad un giovane, questi, strabuzza gli occhi, e non capisce di che stai parlando! Perché l’economia, oggi, ha cambiato il suo volto, le sue funzioni, le sue regole e si allontana sempre di più dalla gente. Chi va più in banca a chiedere un prestito, se non dà solide garanzie? Quanti giovani possono fare ricorso alla banca per avviare un’attività? L’economia liberista ha trovato nei paradisi fiscali e nella finanza speculativa il motivo di esistere e perpetuarsi.

L’avvento della Grande Crisi sta, però, minando alla base questo pensiero liberista. Il bisogno della gente di trovare nuove forme di sopravvivenza, il rifiuto dell’ingiustizia economica e sociale sta portando a un cambiamento di stili di vita. Assistiamo alla nascita di nuovi soggetti, nuove attività, nuove professioni, e nuovi modi di approccio al consumo.

E’ nata una nuova nicchia economica in cui regna l’informale, la deregulation, l’antiburocrazia, il fai-da te, la relazione personale, la ricerca del benessere. Si chiama sharing economy, o meglio l’economia condivisa e collaborativa. In America il libro della ricercatrice Rachel Botsam “Wat’s mine is yours” ciò che è mio è tuo, sta spopolando. La società neoliberista e consumistica, con le sue leggi ciniche e perverse, fondate sulla competizione, sull’individualismo e sull’egoismo, ha corroso un capitale sociale che è sempre stato il collante e il motore di ogni collettività. Gli uomini per natura sono animali collaborativi e l’umanità si è evoluta grazie a questo DNA cooperativo. La risposta alla Grande Crisi parte dalla base, ha trovato nel web, nella rete, nella fantasia, nell’intelligenza, nell’innovazione e nelle relazioni il detonatore per fare esplodere i valori dell’economia condivisa. Abitare insieme, produrre insieme, viaggiare insieme, lavorare insieme, inimmaginabile sino a qualche anno fa, sono ormai valori condivisi soprattutto dalla generazione dei nativi digitali. Si scopre la voglia di mettersi insieme, rimboccarsi le maniche e condividere un progetto di vita. Stanno nascendo tante piattaforme sul web tutte orientate alla sharing economy o economia della condivisione. Airbnb è un sito che offre appartamenti, di soggetti privati, per brevi vacanze a prezzi bassi. Ha già quattro milioni d’iscritti in trentacinque mila città, in 192 paesi di tutto il mondo. Carsharing, l’auto condivisa, ha a Milano, un parco di 13 mila macchine e 40 mila iscritti. E poi, la solitudine si combatte con il Cohousing che significa vivere e condividere la casa insieme. Il Crowdfunding, invece, ti permette di trovare finanziamenti nel web per un progetto che vuoi realizzare senza passare dalle banche. E’ una nuova filosofia di vita che sta nascendo, una rivoluzione culturale dove non esiste il concetto del mio e del tuo: il consumo individuale si trasforma in consumo collettivo. Un esempio: io non voglio un trapano, io ho bisogno di un buco sul muro non di un trapano, allora non ho motivo di comprarlo, lo prendo in prestito per un’ora. Io non voglio una cassetta DVD voglio solo vedere il film, non voglio il possesso dell’oggetto, voglio l’uso dell’oggetto. Ecco che sul web proliferano le piattaforme per il consumo collaborativo che si chiamano: Baratto facile, per lo scambio di oggetti, BlaBlaCar per chi vuole un passaggio in macchina, Zero relativo, la prima community per il riutilizzo degli oggetti di qualsiasi genere; Loc Loc per affittare ciò che usiamo poco; I food share è una piattaforma nata in Sicilia, a Caltagirone, dove quattro giovani di un’associazione no profit, raccolgono dai produttori e dai rivenditori, ma anche da privati cittadini, le eccedenze alimentari per donarli alle famiglie in difficoltà.

In Italia sino ad oggi il 13% della popolazione ha fatto ricorso all’economia collaborativa. Ma è un trend che sta crescendo giorno, per giorno. Dietro tutto questo non c’è nessun pensiero filosofico o ideologico ma soltanto la voglia e il bisogno delle tre “s”: socialità, solidarietà, sostenibilità.

La socialità: il bisogno delle persone nel riconoscersi attorno a valori comuni e condivisi. Una volta c’era la famiglia, la parrocchia, l’oratorio, il partito, il sindacato, il movimento. Erano luoghi dove imparavi le prime regole del vivere civile. Il vuoto lasciato da queste istituzioni sta producendo una società nichilista, individualista ed egoista. Allora ecco che spontaneamente dal basso nascono i comportamenti collaborativi e si sviluppano nuove dinamiche di fiducia, di relazioni e di scambi. Valori questi veicolati ormai da qualche anno da molte associazioni e dalle Banche del Tempo.

Solidarietà significa passare dall’Io al Noi, vedere il mondo con gli occhi dell’empatia, della comprensione e della consapevolezza che ”l’altro” è anche una parte di te. Sono oltre quattro milioni le persone che in Italia lavorano nel volontariato e che rappresentano il volto umano di questa società del cambiamento.

Sostenibilità, intesa come diffusione di pratiche virtuose che hanno come obiettivo la cura e la conservazione del pianeta per le future generazioni. Naomi Klein nel suo ultimo libro “Una rivoluzione ci salverà. Perché il capitalismo non è sostenibile”, a proposito della preoccupante crescita dell’inquinamento riporta uno storico e recente rapporto che rileva: “Di fronte ad un’emergenza senza precedenti, la società non ha altra scelta se non prendere una drastica iniziativa per evitare il collasso della civiltà. O cambieremo i nostri stili di vita costruendo un tipo del tutto nuovo di società globale, oppure sarà il mondo a cambiarli per noi.”