Nascita dell’Associazione nazionale delle Banche del Tempo

Un caldo pomeriggio d’estate in una Sicilia densa di profumi e di umori che invitavano ad un sonnolento relax in spiaggia, con una granita in mano ed ascoltando ad occhi chiusi lo sciabordio del mare, un gruppo di pionieri si mise intorno ad un tavolo sul terrazzino della casa di Nina di Nuzzo e cominciò a ragionare sul che fare per dare vita ad un progetto di aggregazione delle Banche del Tempo.

Erano diversi anni che le BdT avevano perso il filo d’Arianna che le aveva unite nel periodo dell’impetuoso sviluppo di questa esperienza e si era creato un senso di smarrimento e perdita di relazione. Cosa che le banche non potevano permettersi perché è proprio la tessitura di relazione la loro ragion d’essere. Ognuno di noi cercava di riprendere quel filo spezzato dopo la rinuncia di Adele Grisendi. Eh sì, ci mancavano le discussioni, gli incontri, la sua disponibilità all’ascolto e all’aiuto, la relazione con le altre realtà ma soprattutto ci mancava quel legame e quel sentire comune della condivisione di un’esperienza che sentivamo essere speciale. Fu così che lanciammo l’idea nell’aprile del 2004, ad un convegno del comune di Firenze, di ricominciare a tessere i fili delle nostre relazioni.

L’appuntamento fu fissato al convegno d’inizio estate ad Alì Terme e ci ritrovammo con Rosa Amorevole e con Nina di Nuzzo e Laura Fleres della BdT di Alì Terme, con Fiora Cappa della BdT di Gallarate e i rappresentanti del Coordinamento di Roma con Giovanna e Marialuisa Petrucci, del Triveneto con Gabriella, Piero, Silvia.

Cominciammo a discutere sui principi fondativi delle Banche del Tempo e pur partendo da esperienze diverse concordammo di iniziare un percorso di riflessione, di elaborazione che, per tappe, ci avrebbe consentito di coinvolgere più banche. Convenimmo che ciò che unisce le BdT italiane è una comune e forte matrice identitaria e culturale, sulla quale decidemmo di scommettere per la creazione di una rete nazionale, come spazio di valorizzazione di tutte le esperienze, di confronto e condivisione, di rafforzamento reciproco, di nuovo impulso espansivo e progettuale.

E in quella occasione stilammo la “Manifestazione d’intesa”, che ha fissato i valori in cui si riconoscono le BdT, la loro specificità, i principi fondativi dell’organizzazione che ci si proponeva di creare e si indicava le modalità per arrivare a questo traguardo: un percorso di riflessione ed elaborazione nel quale coinvolgere il maggior numero possibile di BdT, con un approccio inclusivo, come è consono alla nostra cultura. Un itinerario con tappe costituite da varie occasioni d’incontro a livello nazionale.

L’incontro di Roma nell’occasione del ventennale del Coordinamento delle BdT di Roma (26 ottobre 2016), è stato il punto di arrivo del percorso di analisi, condivisione delle diverse esperienze, elaborazione di ipotesi di lavoro iniziato nel 2004.

Qualcuno potrebbe osservare che ci abbiamo messo molto, che è stato un cammino lento. Ma noi sappiamo bene che bisogna lasciare tempo al tempo, quando si tratta di tesserlo per costruire relazioni salde, basate su un’autentica partecipazione e l’apprendimento collettivo.

La rivoluzione culturale delle Banche del Tempo

L’analisi dalla quale si partiva (e le considerazioni emerse nei dibattiti e nelle discussioni), era tutta dentro una domanda: perché le Banche del Tempo, nonostante un periodo di difficoltà, continuano ad essere presenti e a vivere nella maggior parte delle nostre città? La risposta immediata è stata che le Banche del Tempo sono percepite sempre più come luoghi di relazioni e il loro successo sottolinea questo fenomeno come fenomeno sociale.

Ma quali sono gli elementi di forza rispetto alle nuove dinamiche sociali? Riassumerei così la questione con le due parole chiave della nostra elaborazione: lo scambio reciproco ed il tempo come oggetto e come misura.

Infatti, ci riconosciamo completamente nel principio del pari valore delle attività scambiate, misurate unicamente in relazione al tempo impiegato per porre in essere le diverse prestazioni, indipendentemente dal prezzo ad esse attribuito dal mercato. Sappiamo che ciò rappresenta una vera e propria rivoluzione culturale, derivante soprattutto dall’apporto del pensiero femminile e dalla riflessione delle donne sui tempi della vita. Così le BdT non solo si collocano nell’ambito del tema della fuoriuscita della conciliazione dei tempi dall’ambito privato, dell’affermazione della necessità di politiche pubbliche mirate a quello che viene ormai avvertito come un obiettivo di grande rilevanza sociale ed anche economica (come testimonia l’inclusione delle BdT nella legge 53/2000), ma hanno nel loro codice genetico la volontà di valorizzare capacità e apporti al benessere collettivo misconosciuti dal mercato, come sono tipicamente le attività di cura svolte ancora prevalentemente dalle donne.

Tutte le BdT afferenti all’Associazione Nazionale si sono dunque ritrovate nel principio “rivoluzionario” della pari dignità e valore delle attività scambiate e la sua adozione costituisce la prima discriminante, insieme all’assenza di pagamenti in denaro.

Costruire legami sociali attraverso lo scambio equivalente del tempo: questa è l’idea forza delle BdT, quanto mai attuale nell’anomia, solitudine, insicurezza, precarizzazione del lavoro che caratterizzano la vita odierna. Insicurezza percepita non solo dalle categorie più deboli, ma in modo trasversale dalle diverse generazioni, dai diversi ceti sociali, dalle diverse culture impreparate al raffronto ravvicinato prodotto dall’accelerazione dei processi migratori. Idea di fondo Tanto attuale che abbiamo registrato, in particolare in questi ultimi anni, una forte richiesta, da parte di cittadini, amministrazioni e associazioni, di apertura di nuove Banche del Tempo. La tessitura di reti di scambi che alimenta la creazione di relazioni fiduciarie, risponde a nuove esigenze dell’individuo che, mentre da una parte vuole allargare i propri spazi di libertà e di realizzazione, dall’altra chiede più sicurezza, più protezione. Per dirla con Bauman: “nell’era della società liquida le reti, a differenza delle strutture compatte, sono leggere. Nascono nel corso di un’azione e vengono mantenute vive unicamente grazie ad una successione di atti comunicativi…. L’aspetto più significativo delle reti è l’inusuale flessibilità del loro contenuto”. Le reti che noi costruiamo nella Banca del Tempo, rispondono ad un’esigenza della società e noi siamo contemporaneamente attori delle domande e delle risposte. Proprio questa doppia dimensione ci permette un’azione al contempo sociale e culturale. La sfida della modernità è, appunto, anche culturale: non possiamo osservare i processi migratori solo dal punto di vista della questione sociale. L’accoglienza, l’integrazione, il venire a contatto con le diverse culture ci impone al confronto e alla messa a volte in discussione di valori, che pensavamo essere punti fermi.

Principali motivazioni della creazione dell’Associazione Nazionale

Il percorso che ha portato alla creazione dell’Associazione Nazionale è già riuscito a creare una comunità, che ha permesso di creare rapporti di amicizia e condivisione tra i partecipanti. In questo senso il primo obiettivo del progetto può considerarsi già raggiunto.

Analogamente, vogliamo procedere per estendere la rete di rapporti oltre i confini nazionali, in primo luogo per costituire un tassello dell’Europa dei cittadini. La partecipazione dell’Associazione al convegno del novembre 2007 di Barcellona, i contatti stabiliti in quell’occasione con i rappresentanti delle esperienze di Banche del Tempo di Germania e Francia, si collocano in questa prospettiva.

L’Associazione Nazionale, lo abbiamo detto fin dal principio, non è un’organizzazione gerarchica, è una rete, con “nodi” regionali e provinciali, che si propongono come riferimenti per quella che è una delle principali finalità dell’Associazione, definita già nella Carta d’intenti, vale a dire la diffusione delle BdT e il sostegno delle diverse iniziative di questo tipo. Ribadiamo che le banche che aderiscono rimangono autonome nella progettualità e nell’organizzazione: non ci sono modelli da riproporre, ogni banca mantiene la propria identità ed originalità. L’associazione Nazionale vuole mantenere un profilo di coordinamento ma al tempo stesso stabilire criteri e principi che garantiscano il funzionamento e il riconoscimento dell’appartenenza. Creando uno standard, non rigido ma preciso, che identifichi i parametri obbligatori per una banca perché sia identificata a livello nazionale come tale e possa entrare a pieno titolo nella rete, con la possibilità di utilizzarne efficacemente e democraticamente tutti gli strumenti.

La nostra capacità di fare rete sarà una bella sfida perché tutto il patrimonio accumulato in questi anni non vada disperso ma diventi forza progettuale e contrattuale. Non ci piace molto quest’ultimo termine, ma il concetto di divenire soggetto visibile e coeso ci aiuterà al nostro interno per condividere percorsi comuni su valori e organizzazione, mentre all’esterno ci rafforzerà nell’interlocuzione con le istituzioni. La nascita dell’Associazione è la risposta forte affinché le Banche del Tempo non rimangano chiuse nei singoli territori, ma possano diventare una risorsa nelle e per le città. Mettere in comune forze, capacità, esperienze rafforza il senso di appartenenza, rende più visibile le Banche del Tempo che diventano soggetto interlocutore più forte sia a livello locale sia nazionale.

Da qui anche la necessità, o meglio l’opportunità, di individuare un percorso che ci veda coinvolti nella richiesta di una figura giuridica che rappresenti in modo adeguato la nostra specificità nel variegato mondo del non-profit.

Siamo convinti che l’utilizzazione delle esperienze e del patrimonio acquisito dalle BdT contribuisca al benessere sociale al di là dei benefici strettamente legati allo scambio che risulterebbe fine a se stesso.

Fare uscire le banche dai nostri territori vuol dire rendere visibile la nostra passione, la nostra capacità di fare squadra di non sentirsi isolati.

Significa anche avere maggiori opportunità di scambi su tutto il territorio nazionale.

Nella Banca del Tempo, non abbiamo chiesto l’appartenenza partitica, né religiosa né di nazionalità: per noi l’accoglienza e la relazione è stata ed è più forte degli stereotipi culturali o delle singole appartenenze. Ed è anche sulla base di questa esperienza che diciamo si, vogliamo stare insieme. É qui la nostra forza, rappresentiamo un modello culturale che aggrega.

Percorso Programmatico

Tre i punti programmatici che possiamo indicare come obiettivi del nostro percorso futuro:

  1. Radicamento
  2. Espansione
  3. Innovazione

Uno dei primi obiettivi che dobbiamo porci sarà quello del radicamento delle banche nei nostri territori mettendo in comune le esperienze più significative con la messa in opera anche delle strategie di supporto, come interlocutori nei rapporti con le amministrazioni locali e di supporto operativo per quanto riguarda gli strumenti (penso, per esempio, ad un software che renda esemplificate le operazioni di scambio, agli strumenti informatici per la comunicazione). Il monitoraggio delle banche dovrà servire non solo ad avere un quadro quantitativo nazionale ma anche ad individuare la dislocazione geografica, i punti di criticità e quelli di forza.

L’espansione delle banche sia sotto il profilo della crescita sia quantitativa sia qualitativa è stato uno dei motivi per cui è nata la nostra Associazione.

Quindi il nostro impegno sarà quello di dare supporto a tutti coloro che vorranno aprire Banche del Tempo. A questo proposito pensiamo di offrire strumenti operativi ma anche corsi di formazione e, sulla base di esperienze delle banche, prevedere anche la figura del tutor.

Nel frattempo, vanno sviluppate e privilegiate alcune esperienze significative come la Banca del Tempo nelle scuole che costituiscono una buona prassi che migliora la qualità della vita degli studenti nella scuola ma anche dei docenti e del personale, perché migliora le relazioni e amplia il circuito di collegamento tra scuola e società, investendo le nostre risorse anche sullo sviluppo di un forte senso di cittadinanza attiva.

Per noi l’innovazione va intesa come sguardo verso le nuove generazioni, come proposizione di nuove esperienze, come progettualità.

L’età media degli aderenti alle nostre banche si aggira intorno ai 55 anni comprendendo fasce di lavoratrici e lavoratori e-o pensionate/i. La fascia di età dai 18 ai 30 è poco rappresentata. Negli ultimi tempi, però, l’interesse di studenti universitari ad aprire le banche all’interno delle università, ci spinge a guardare con attenzione a quel mondo. La Banca del Tempo, ad esempio, dell’università di Roma è un punto forte di aggregazione per gli studenti non solo di quella facoltà, ma anche di altre, dimostrando una forte vivacità e un’alta partecipazione. Oggi la parola ai giovani vuole sottolineare come il loro coinvolgimento possa dare una marcia in più a questa nostra esperienza in termini di elaborazione, di proposte innovative. Il nostro sforzo è quello di sollecitare e promuovere le Banche del Tempo nelle università.

Altro momento di innovazione è rappresentata dalla banca aziendale cioè gli scambi all’interno dei luoghi di lavoro che possono essere un aiuto alla conciliazione dei tempi e delle pari opportunità.

Aggiungiamo un quarto fondamentale tema di riflessione: la nostra identità, il nostro profilo. É un tema al quale dobbiamo dedicare il nostro impegno, anche perché dal profilo culturale che le banche sapranno assumere dipenderà molto del successo di questa esperienza.

Abbiamo voluto tratteggiare il senso del cammino fin qui realizzato, i concetti e i valori di fondo e il grande impegno e lavoro che ci aspetta perché da questo momento saremo insieme i protagonisti di questo percorso.

Ma una relazione non può comprendere tutta la passione, l’energia e la disponibilità che stanno alla base della nostra esperienza.

Il clima che si respira nelle nostre banche è un clima, che come dice Gabriella, alimenta energia. Questo siamo noi, storie individuali che si incrociano, si integrano, memorie che si trasmettono affinché la storia di ognuno di noi diventi patrimonio di tutte e di tutti.