Banche del Tempo: il dono della risorsa più preziosa

Fonte: www.help-app.it

Le banche del tempo stanno conquistando sempre più un ruolo ben definito all’interno della sharing economy e dell’help sharing

di Elisabetta Besutti

Oggi la nozione di tempo è abbinata sempre più al concetto di urgenza, incombenza, fretta. I ritmi frenetici del quotidiano, l’impossibilità di ritagliarsi degli spazi che siano esclusivamente per se stessi, cose ed eventi che cambiano repentinamente costringendo ad un continuo riadattamento: tutto ciò rende difficile gestire il tempo. Gestire, ecco. Ritorna nuovamente l’idea di qualcosa di innaturale, che vada necessariamente organizzato nel minimo dettaglio, onde evitare di soccombere sotto il peso di impegni improrogabili e inderogabili.

Il tempo è tutto intorno e noi ci stiamo giusto al centro: se abbiamo con esso un rapporto poco armonico, lo stress e la frustrazione diventano i nostri peggiori nemici. Tutti abbiamo esperienza della sua relatività, che ci racconta quanto non sia importante il tempo in sé ma come riusciamo a viverlo. Le esperienze che viviamo lo dilatano a dismisura o per contro lo fanno diventare piccolissimo; lo rendono vivido e meritevole di memoria o viceversa vuoto, insignificante. È la nostra mente ad attribuire senso al tempo, costituito da tutti quei momenti passati a lavoro, con la famiglia, col partner, con gli amici. E così passato, presente e futuro assumono valore alla luce del colore e del calore che siamo riusciti a dare a quel tempo specifico.

E se non ne avessimo abbastanza? E se ci fosse la possibilità di chiederne un po’ a qualcuno? Ci hanno pensato nel 1992, in quel di Parma, le ideatrici delle banche del tempo, basate su una forma di economia decisamente anticonvenzionale. Com’è facile intuire, non avvengono transazioni monetarie ma unicamente di tempo e disponibilità. La sola circolazione di denaro concessa è quella di un eventuale rimborso, concordato preventivamente, delle spese sostenute.

Parola d’ordine? Reciprocità.

“L’individualismo senza limiti sta portando ad un crollo verticale della coesione sociale di cui la grande crisi attuale non è altro che la manifestazione più eclatante. Antropologicamente l’uomo competitivo, soppiantando in questi decenni l’uomo cooperativo, ha minato e sta minando le basi del processo di civilizzazione“. Così Luigi Agostini nel libro “Il pipistrello di La Fontaine”. Le BDT partono da questa osservazione per stravolgerla completamente e lavorare in direzione della costruzione e della co-costruzione di una visione etica della vita che dia nuovo valore e vigore alle relazioni umane.

Con il tempo le BDT si sono diffuse in tutto il territorio nazionale, trovando sempre nuove applicazioni e progettualità. Funzionano allo stesso modo nelle piccole e nella grandi città e  da più di venti anni, grazie all’interessamento di alcuni docenti, sono state “adottate” anche da molte scuole medie e superiori. L’intento era ed è quello di educare i ragazzi ai valori comunitari e alla solidarietà come principio che va oltre il mero scambio.

BANCHE DEL TEMPO: STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE

Tutti, indistintamente, possono aderire alla Banca del Tempo giacché chiunque dispone di qualcosa che può essere utile ad un’altra persona, in termini di conoscenze ma soprattutto di disponibilità.

L’organizzazione interna è mutuata da quella delle banche vere: ogni socio, definito tempo-correntista, ha un conto corrente e un libretto di assegni. Sul conto corrente vengono depositate le ore spese in attività a vantaggio di altri correntisti; nel contempo si conquista un credito di pari ore di cui usufruire.

Non esiste una quantificazione del valore della prestazione per cui un’ora di lezione di canto è ad esempio pari ad un’ora di babysitting o di potatura delle aiuole. Questo sistema si propone infatti di creare delle relazioni basate sulla solidarietà e sulla socialità, nell’ottica di impegno comune e apertura verso le necessità altrui. Le banche del tempo stanno conquistando sempre più un ruolo ben definito all’interno della cosiddetta sharing economy, e di conseguenza dell’help sharing, mirando a dare un contributo fattivo alla creazione di un nuovo welfare che parta dal singolo per abbracciare l’altro, in uno spirito di pura condivisione.