“Internet ci ha reso più soli”. Marc Augé a Milano racconta cos’è per lui la felicità

Fonte: www.huffingtonpost.it

“Sono momenti fugaci, ma che abitano stabilmente la nostra memoria”. L’incontro al Book City 2017

Serena Campanini / AGF

Internet? “Ha cambiato le nostre vite, non c’è alcun dubbio, le relazioni si sono moltiplicate, ma se ci riflettiamo, più si hanno delle relazioni virtuali – si pensi a Facebook e ad altri social network – e più si è soli. Internet promette la negazione dello spazio e del tempo, ma è solo e soltanto un’illusione, perché le relazioni sociali non possono esistere che nel tempo e nello spazio”.

A pensarla così è Marc Augé, noto antropologo ed etnologo francese, autore di libri e saggi apprezzati e tradotti in tutto il mondo, che abbiamo incontrato a Milano durante la sesta edizione di Book City di cui è stato uno degli ospiti d’onore. “La tecnologia – ha aggiunto in un Teatro Dal Verme stracolmo – ha introdotto nuove forme di solitudine ed è lo stesso concetto di solitudine ad avere un che di ambiguo, perché se da un lato può essere una conquista – è essa stessa uno strumento di relazione – spesso è invece solo una condanna”.

Soverchiata da un progresso scientifico e tecnologico inarrestabile, l’umanità – a sentire questo grande studioso che ha da poco compiuto ottantatré anni – è dunque priva di un faro capace di illuminare il percorso verso il futuro e vive in un eterno presente stravolto dalle disuguaglianze, dalla violenza e dalla regressione ideologica, una condizione che in un suo libro recente – “Un altro mondo possibile” (Codice Edizioni) – definisce come la “preistoria dell’umanità come società planetaria”. Per uscire da ciò ed entrare in una nuova era è necessaria un’utopia che possa segnare un radicale cambio di prospettiva e l’unica “è l’utopia dell’istruzione per tutti”, “indispensabile per frenare una società mondiale ineguale e ignorante, condannata al consumo o all’esclusione e, alla fine, a rischio di suicidio planetario”.

A Milano è stato invitato per parlare di felicità, perché è proprio quel sentimento ambiguo e contrastante, raro e (quando c’è) contagioso dell’animo umano ad essere al centro del suo nuovo libro, “Momenti di felicità”, pubblicato di recente da Raffaello Cortina Editore. La felicità si ha in certi momenti ed è fugace – si pensi ad un paesaggio, ad un film, ad una canzone, al piacere di incontrare un volto o all’emozione del ritorno o della prima volta – ma come tale va vissuta, perché “quei momenti esistono e resistono, tanto da abitare stabilmente la nostra memoria”. “Sono inaffondabili – ha spiegato – si misurano rispetto al nostro quotidiano ed è nel momento in cui ci mancano che riusciamo a coglierne la vera importanza”, aggiunge “l’antropologo dei non luoghi” – volendo citare un altro suo celebre saggio (“Nonluoghi”, Elèuthera edizioni) – “un’espressione che non ho inventata io – ha ribadito – perché esisteva già: io l’ho semplicemente usata per descrivere quei luoghi della quotidianità contemporanea, come aeroporti, stazioni di servizio, grandi supermarket, dove la gente non ha relazioni sociali”.

Per lui è scrivere la vera felicità, “una maniera per sopravvivere e per tornare sulla felicità diffusa cercando di rivolgersi a quanti più lettori possibili”. Nel libro, come nella realtà, mescola riflessioni e ricordi personali (su tutti, il suo credere a Babbo Natale fino agli undici anni, “la mia prima vera esperienza metafisica”), parlando anche del nostro Paese (per un po’ di tempo ha vissuto anche a Torino) e di quelli che sono i momenti di felicità in una società complessa come la nostra dove si è felici “nonostante tutto”, “una situazione ovvia – ha precisato – perché è normale che in momenti di crisi le persone cerchino degli scogli cui aggrapparsi”.

L’amore è fondamentale in tutte le sue forme, ha aggiunto, e ciò che conta davvero “è il momento in cui si sente che sta iniziando”. “L’inizio è tipico di ogni attività rituale e questo può valere anche in politica”. Chi non è felice oggi? Augé non ha dubbi: i migranti, “coloro che partono abbandonando il loro territorio e i radicamenti culturali, i veri eroi moderni”.